Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/264

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— Non la più leggera emozione - aveva imposto il medico, ond'ella si custodiva in cuore le parole ardenti di tenerezza, batteva le palpebre perchè lacrime di gioia non le sgorgassero dal ciglio, mentre sotto le pieghe della veletta scura la felicità le irradiava il viso e lo rendeva stellante.

— Mamma.

— Figliuolo mio, Ermanno.

— Sto meglio.

— Non parlare; taci - e tratteneva il fiato ella stessa, nel timore che il soffio del suo alito potesse nuocergli.

— Ho sofferto - egli le diceva con un filo di voce.

— E io? E io? - ma si pentiva del grido, si faceva umile, avrebbe voluto baciargli i cari piedi, che presto sarebbero tornati a camminare, baciargli i cari occhi dove il raggio della vita risorta brillava.

Bindo Ranieri lo faceva ridere, narrandogli che nei giorni di maggior pericolo un santo evangelista gli faceva l'occhietto dalla facciata del Duomo, e di ciò Bindo Ranieri era tutto riconfortato, perchè un santo evangelista non avrebbe avuto voglia di scherzare se il nobile Ermanno Monaldeschi si fosse trovato davvero in punto di morte.

— E tu? Cosa gli rispondevi tu? Ermanno domandava con gaiezza infantile.

— Io? Si figuri, può immaginare. Coi santi evangelisti è prudente il silenzio - e Bindo Ranieri,