Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/28

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Distolse il capo, irritata contro di sè, irritata contro Palmina; ma non ebbe agio di protestare, giacché Ermanno accorse, gridando:

— Ecco monsignore! Mamma, ecco monsignore!

Vanna si avviò sollecita verso il grande salone, di cui appunto varcava la soglia mentre monsignore entrava dall’anticamera, introdotto cerimoniosamente da Titta, che scomparve subito.

Monsignore, facendo scricchiolare sul pavimento di marmo le scarpine lucentissime, attraversò l’ampia sala e, raccolto sul braccio il ferraioletto di seta, s’inchinò di fronte a Vanna con perfetta eleganza mondana, piegando la persona aitante e curvando la testa bruna, dove la tonsura segnava un cerchio appena visibile.

— Prego, prego, signora mia — egli disse cortese, tentando schermirsi dal baciamano di Vanna; ma ella, con gesto pieno di grazia umile, gli prese la destra e se la recò alle labbra, dopo di che riassunse con naturalezza il suo fare di gentildonna amabile, ed invitò monsignore ad assidersi sopra il balcone, poichè la giornata era stata assai calda e dentro la stanza l’aria mancava.

— Per la festa di domani avremo un tempo magnifico — disse monsignore con la sua nitida pronuncia senese, che faceva sembrare anche più morbida la pastosità della sua voce.

Vanna rispose:

— Stamattina pareva che il tempo volesse