Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/297

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sua veste candida, atterrita in viso, pure sforzandosi di apparire sorridente, fissando ostinata il grosso rubino del suo anello, che mandava piccoli bagliori sanguigni. Ambascia e vergogna la divoravano e, chinando il capo, avrebbe voluto annichilirsi per la presenza del figliuolo. Che supplizio! Oh! potersi alzare, e chiamare Palmina per darle un ordine; potersi avvicinare alla finestra e fingere di guardare la campagna! Forse Ermanno allora avrebbe smesso di gettarle, a quando a quando, rapidissime occhiate involontarie, ch'ella non vedeva, ma di cui sentiva il bruciore sulla fronte e sopra le mani. Invece no, ella non osava muoversi, perchè ogni più lieve gesto poteva diventare formidabile come una rivelazione, e perchè le pareva che la immobilità sola valesse a rendere impenetrabile il tumulto de' suoi pensieri. Soffriva tanto che per un attimo smarrì la coscienza di sè e fu sul punto di svenire, ma la voce di Ermanno la rinvigorì, producendole l'effetto di una sferzata.

— Mamma, il professore ti chiede perchè non fai qualche viaggio.

Ella rise, e con voce stranissima disse:

— Già, figliuolo, avevo capito. No, non voglio viaggiare: la campagna è assai più bella - poi tacque improvvisamente, nella certezza spaventevole che Ermanno le scrutava in cuore pel tramite della sua strana voce.

Bindo Ranieri entrò, soffiandosi il naso, ed ella trovò finalmente la forza di muoversi e si avviò per uscire.