Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/316

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— Tante cose; se io non avessi la speranza, vorrei distendermi al posto della povera zia Domirò.

— Non bisogna vagheggiare sciocche chimere!

Ella attendeva immobile, sentendo ch'egli avrebbe proseguito ed egli infatti proseguì:

— Il mio avvenire è segnato. Io mi sono vincolato a Dio. Pensaci. Non inseguire fantasmi. Il nostro avvenire niente può avere di comune. Pensaci.

Ella, inneffabile di pacatezza, disse:

— L'avvenire? Tu hai ventidue anni, io ne ho diciotto. Il nostro avvenire somiglia a questo cielo. Vedi? Il chiarore della luna pare che illumini tutto, e invece nasconde le stelle: ma le stelle ci sono, a miliardi, e allo scemare della luna esse brilleranno e noi torneremo a vederle. Quanti pensieri in te, che tu ancora non vedi, ma che ci sono e ti daranno gioia allo scemare dell'unico pensiero che ti sei imposto!

Egli la interruppe con violenza.

— Io ho per me la mia fede.

— Tutti abbiamo la nostra fede - Serena disse con profondo accento, come scrutandosi - ma io ho dovuto capire che Iddio assume per ciascuno di noi la fisonomia dei nostri desideri e del nostro carattere. Io ti conosco perchè ti amo. Il tuo desiderio è di rendere illustre il tuo nome; il tuo carattere t'impone di esercitare il tuo ingegno in opere utili; così, quando tu diventerai proprio tu, la fede sarà per te lavoro e Iddio