Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/328

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— Esaminatevi, figliuolo, o avrete tristi sere, in cui le tenebre saranno popolate di rimpianti, e fosche notti, in cui il silenzio risuonerà per voi di richiami, ai quali non potrete rispondere. Chi è nobile di sangue e di sensi non tradisce la parola data e serba fede agl'impegni assunti; le transazioni sono viltà e noi s'impone a noi stessi di vincere la fragilità nostra.

Monsignore s'interruppe, abbandonò per un istante la testa sul petto, poi proseguì con accento di sconforto:

— Volendo costantemente si vince; ma talvolta da tutto il nostro essere sorgono maledizioni contro chi ci ha lanciato, noi inconsapevoli, in quel martirio, e si pensa con ira a tutta la bontà di noi che va perduta, a tutte le virtù nostre che giacciono inerti! Per carità, figliuolo, riflettete a questo, non vi ostinate. Io vi ho abbandonato per due mesi in balìa di voi medesimo, acciocchè aveste il tempo di conoscervi; non per tutti si è preso cura di fare altrettanto - e di nuovo s'interruppe, nel pudore forse delle sue pene secrete.

Ermanno non trovava parola! Seguendo la trama sottilissima de' suoi ricordi infantili e di quelli della sua adolescenza, una certezza incrollabile gli sorgeva dentro, una certezza che lo empiva di ammirazione e sgomento: monsignore aveva amata sua madre; forse l'amava ancora; forse la passione gli era sorta in cuore dal punto in cui Vanna, giovanetta, bianca, risplendente al pari di un giglio, si era presentata sposa nella