Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/346

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passo verso di lui e lo impietrò col gesto solenne della mano, con la espressione aggrondata del ciglio.

— No - ella disse - un Monaldeschi non è bugiardo; un Monaldeschi non è spergiuro.

— Pensi - ammonì grave monsignore - che un sacerdote senza vocazione è turibolo privo d'incenso, è altare spoglio di ceri.

Essa lo interruppe violenta:

— Io penso che mio figlio andrebbe incontro alla scomunica, ritirandosi oggi dal grembo della Chiesa, e io non voglio aver dato al mondo un reprobo.

Monsignore tacque: Ermanno si coprì in volto di pallore cinereo.

— Mia madre ha ragione; un Monaldeschi non è bugiardo - egli disse con voce roca.

— Allora, figliuolo, accompagnate fino al cortile vostra madre.

Vanna uscì senza baciargli la mano, ed Ermanno, richiudendo dietro di lei il battente del portone verde la vide preda ai furori del vento, che l'agitava forse meno di quanto il furore delle sue paure religiose le scompigliasse nel cuore ogni senso di pietà.

La settimana trascorse plumbea. Nevicava ininterrottamente, ed Ermanno, levandosi di letto, scorgeva una mobile parete bianca limitargli all'occhio perfino l'angusto spazio del cortile. I chierici della camerata, ancora sonnolenti, con le sottane