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Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/360

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la decisione di recarsi a Roma per frequentare il corso di medicina, ella era stata colta da un lungo deliquio; ma, rinvenuta, si era chiusa in mutismo inesorabile, rispondendo appena con lievi gesti alle premure del figlio, il quale aveva mostrato verso di lei, in quei tre giorni, la pietà indulgente e amorevole che si dimostra a una povera bimba ammalata, ed aveva affrettata la partenza per sottrarla e sottrarsi allo spasimo di quella disperazione senza parole.

— Mamma - le aveva detto poco prima, abbracciandola con passione - tu pensi di avermi perduto e invece mi hai riconquistato. Guardami, sono tuo figlio, il figlio del tuo amore. Io ti giuro che sarò buon cristiano e farò splendere di nobiltà rinnovata il nome dei Monaldeschi.

Ella era stata sopraffatta da uno scoppio improvviso di pianto e gli si era avvinghiata al collo con amore disperato; e poi, allorchè egli, esultante, le aveva proposto di raggiungerlo a Roma per vivere insieme, per rendergli anche più grato il lavoro, Vanna gli si era divincolata dalle braccia e gli aveva risposto di no.

E adesso il treno correva, divorava lo spazio, trasportando Ermanno Monaldeschi alla ricerca di nuovi destini.

Frattanto, poichè si avvicinava la mezzanotte, Palmina entrò nel salotto e si rivolse alla signora con aria umilmente confidenziale: