Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/96

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— Sì, vorrei questo. Mi hanno detto che a Orvieto i miracoli sono ancora possibili.

— E che ci sia la vasca per il bagno, l'apparecchio per la doccia?

— Acqua di fuori la mattina; vino di dentro la sera. Così prospera la mia salute.

— Andiamo; ho il fatto suo.

E si avviarono di perfetta intesa, arrestandosi, dopo pochi passi, davanti a una porticina situata nel fondo di uno spiazzo sterrato e seminascosta nel grosso del muro.

La porta si aprì tirata da una corda, senza che nessuno si vedesse, e Fritz Langen si fermò di botto, masticando a più riprese l'avverbio «maledettamente», ch'era per lui una specie d'intercalare italiano, di cui si serviva allo scopo di esprimere le varie e subitanee impressioni dell'animo.

— Maledettamente! Maledettamente! - egli borbottò guardandosi intorno con meraviglia ammirativa.

Il giardinetto, avvolto nei pulviscoli del sole, era un incanto di pace e di poesia, quantunque spogliato a mezzo de' suoi fiori e de' suoi rami penduli. A sinistra uno stanzone si apriva a foggia di serra, dove gli agrumi stavano già riparati; in fondo l'acqua gorgogliava dentro la vasca rettangolare di marmo, certo un'antica urna, e alla parete del vestibolo, bianco e nitido come il piccolo parlatorio di un convento di Clarisse, stavano appese due capaci gabbie, e in esse intiere