Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/157

Da Wikisource.

tane e scomparve per via del Tritone con alto schiamazzo.

— Dio mio! — esclamò Flora, tutta tre mante — perchè urlano così?

— Niente, niente, si divertono per la festa della Befana — rispose il Gualterio e, ripren dendo il filo del discorso, proseguì:

— Vede? Ho preso moglie a trentanni e ora ne avrei quindici di matrimonio sulla coscienza, se la mia povera moglie non fosse morta da un pezzo. Era una santa donna, più attempata di me, che non mi aveva portato nemmeno un cen tesimo di dote e che, viceversa, morendo, mi ha lasciato l'eredità di un figlio e di una manìa. Il figlio lei lo conosce; la manìa è quella di colle zionare i francobolli rari. Ho una magnifica col lezione, che vale qualche migliaio di lire e che non cederei per tutto l'oro del mondo.

Erano giunti a piazza Colonna, davanti ai ma gazzini di Bocconi, e dovettero fare una sosta per congiungersi all'altra coppia, che avevano perduto di vista.

Flora ebbe l'impressione che la notte si fosse cambiata in pieno giorno. Torrenti di luce bianca e viva uscivano dalle smaglianti vetrine e inon davano i marciapiedi, su cui una folla agitata formicolava. La giovanetta, abituata al silenzio austero dei campi, sentiva nelle orecchie un cupo rombo e chiuse gli occhi per non rimanere ab bagliata.

Da piazza Venezia giungeva affievolito un ru more discorde fatto di mille suoni e di mille voci; presso Aragno, gruppi ostinati, immobili nella contemplazione delle vetrine, stazionavano, impedendo il transito ed aumentando la confusione.