Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/171

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Dall'altro lato della medaglia era circolarmente incisa la scritta: «Virgo purissima, ora prò nobis /»

Flora non si ricordava da chi quella medaglia le fosse venuta. L'aveva portata sempre, appesa per anni a una sottile catenina di argento, e poi, dopo che la catenina si era rotta o perduta, ap pesa a un cordoncino di seta.

Suo padre, che non era eccessivamente reli gioso, ma che era superstiziosissimo, al pari di tutte le persojne infelici e deboli, attribuiva a quella medaglia la secreta virtù di un talismano.

Un avvenimento dell'infanzia tornò alla niente di Flora.

Ella era'piccina, molto piccina, e in un fosco mattino autunnale si trovava sola a giuocare con alcuni gusci di noce nello spiazzo davanti alla casa bianca. Le piogge recenti avevano lasciato tante piccole pozzanghere, e la bambina, stesa in terra bocconi, con le gambette e le vesticciuole fin so pra il ginocchio, si divertiva a far galleggiare i gusci a guisa di minuscoli vascelli, entro cui aveva collocato trasversalmente due lunghe pa gliuzze a foggia di remi. A un tratto ella vide venirsi addosso, con le ali aperte, il collo pro teso, spalancato in atto di minaccia il becco giallo e piatto, un grosso anitrone, un maschio terribile, d'istinti bellicosi e feroci. La piccolina si alzò, ur lando, e si dette a fuggire disperatamente; ma la bestia, con rauchi gridi, acquattandosi sempre di più e strisciando rapida il suolo, la raggiunse, l'atterrò, le fu sopra con il poderoso starnazzar delle ali. La bimba, agitando convulsamente le braccia e le gambe, era sul punto di morire sof focata, quando un contadino, attratto dagli urli,