Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/210

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Poco dopo entrò il cavaliere, che aveva indos sata una giacca di tela, esalante odore di bu cato.

Egli si mostrava disinvolto, troppo disinvolto per il suo carattere. Andava e veniva dall'uno all'altro angolo della terrazza, fregandosi le mani, arrestandosi a togliere un bruco di tra le foglio line di una pianta, sedendo nervoso sopra una seggiola per rialzarsene subito dopo e ricomin ciare i suoi giri inutili. Egli, di solito tanto flem matico e di espressioni tanto parsimoniose, parlava abbondantemente, mischiando d'inesplic bili risa tine il profluvio delle sue parole.

Flora, abbandonata l'esile persona nella poi trona a dondolo, aveva chiusi gli occhi con un sorriso di beatitudine.

Ella si sentiva allegra, senza ragione, e pareva che i suoi vent'anni le turbinassero intorno, tra sportandola nel vortice di danze giulive.

— Con la brezza che spira, con questo cielo tutto aperto e dondolandomi così, mi sembra di essere in mare — ella disse, seguitando a tenere chiusi gli occhi.

— Già, in mare; è vero, fa l'impressione di essere in mare --· confermò il cavaliere e, arre standosi davanti a Flora, disse con voce di con tentezza:

— Ma, adesso che ci penso, lei non ha ve duto mai la niia collezione di francobolli?

Flora aprì gli occhi, senza capire quale nesso potesse correre fra l'idea del mare e una colle zione di francobolli. Comunque, rispose:

— No, non l'ho veduta mai. — Ah! ma lei deve vederla; deve vederla as solutamente — e si allontanò, tornando subito con