Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/271

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ed aveva presa l'abitudine di fare lunghissime passeggiate in luoghi solitari, dove potesse fan tasticare a suo agio.

Il cavaliere in parte ignorava, in parte tolle rava le prolungate assenze della moglie,- limitan dosi a dire che le sciocchezze si- scontano ama ramente, anche quando si sono pagate molto care.

In quel pomeriggio, era di ottobre e Flora aveva dal marzo varcata la trentina, i passi di lei si erano volti verso il Campo Verano, dove si recava spesso, perchè quel luogo tranquillo, popolato di statue, quasi tutte mollemente ada giate sul fianco in posa di abbandono, le appa gava l'occhio e le blandiva il pensiero.

Flora, intenta in quel momento a foggiarsi a suo modo nella fantasia, la storia di una donna morta giovane e di cui aveva letto il nome soave inciso su di una pietra, percorreva a lenti passi il magnifico viale del centro, olezzante di verzura e fiancheggiato di marmi fulgenti, quando senti dietro di sè scricchiolare la ghiaia sotto la pres sione di un passo energico ed affrettato.

Si fermò per lasciarsi precedere dall'impor tuno, annoiata di sentir camminare sulle sue tracce.

L'importuno passò, si voltò vivamente, fissan dola, e gli occhi di Flora rimasero sopraffatti da un rapido abbarbagliarrrento di fiammelle multi colori.

Sognava ella o quel signore, alto e forte, che l'aveva fissata con tanta pertinacia, era veramente Germano Rosemberg?

No, non si trattava di un sogno, e Germano Rosemberg, sicuro oramai del fatto suo, si avan zava verso di lei, togliendosi il cappello.