Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/28

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lettera tracciata con calligrafia alta e diritta, sopra un foglio di carta azzurra, portante in cima, a sinistra, una piccola corona comitale. Flora capì subito che quella lettera era di sua madre e lesse, quasi obbedendo all’impulso della volontà di suo padre morto.

La lettera era affettuosissima. Con essa Adriana Vianello ringraziava il marito per l’offerta di tornare in famiglia e diceva anche che la parola perdono, scritta da lui, le aveva fatto versare lagrime di tenera riconoscenza; ma la lettera aggiungeva subito che la casa bianca era coperta d’ipoteche e le risorse dei Vianello esaurite, che a Roma Adriana aveva trovato modo di vivere agiatamente e che non si sentiva il coraggio di rinunciare a tale agiatezza. Dopo ciò, con viluppo di frasi caute, con parole misurate e vagliate, coll’aria di chi butta là una idea balenata all’Improvviso, con uno sfoggio di parentesi e punti esclamativi, di cui Flora non poteva misurare tutta la raffinata abilità e tutta la turpe insidia, Adriana proponeva al marito di riunirsi tutti a Roma, lasciando in campagna il vecchio conte. Certo, riunirsi tutti a Roma! Ella aveva amici autorevoli e zelanti: un posto lucroso si sarebbe trovato per Leone e il mondo, il mondo invidioso e pettegolo, non avrebbe più potuto sbizzarrirsi a calunniare la condotta di Adriana. Quanto a Flora, la bambina diletta, essa l’avrebbe, naturalmente, tenuta con sè, amandola come una bella sorellina minore.

Flora rilesse due volte il foglio e un senti mento ineffabile di tenerezza le scese sull’anima a guisa di balsamo. Dunque sua madre non era una cattiva donna? Dunque il nonno mentiva, ac-