Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/308

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Durante i pasti Flora rimaneva come affasci nata nella contemplazione di suo marito, che, curvo sopra il piatto fumante, sbirciava la mo glie infastidito dall'ostinata fissità di quello sguardo.

Si parlavano pochissimo, quantunque ella si studiasse di mostrarsi gentile e facesse ogni sforzo per celare l'impazienza divoratrice di vederlo uscire. La metodica lentezza dei suoi atti le dava accessi di furore, che ella simulava sotto forzati sorrisi. Avrebbe giurato che il Gualterio si ren deva conto della irritazione di lei e che ne gioiva dentro di sè.

Il cavaliere se ne andava finalmente e Flora allungava le braccia, provando per tutta la per sona il senso di sollievo di chi, dopo essere ri masto lungo tempo costretto a una posa disa giata, possa muoversi a piacer suo e riacquistare la piena libertà dei movimenti.

Allora, assumendo con Anna Maria un fare dolce e amichevole, diceva di essere incerta se uscire o rimanere in casa. Il tempo era così bello e i pomeriggi così eterni!

Anna Maria rimaneva muta ed ostile. Da molto tempo ella diffidava per istinto della giovane pa drona, oramai molto dissimile dall'agnellino di dieci anni prima. La signora non la maltrattavo certamente, anzi lasciava che ella facesse e disfa cesse, disinteressandosi di tutto. Ed era appunto ciò che addensava il rancore nell'anima di Anna Maria. Ella aveva sperato trovare nella seconda moglie del cavaliere una persona che l'apprez zasse, sopra cui potesse esercitare la tirannia della sua esperienza, e Flora invece si mostrava incu rante, fantastica, con la testa fuori del mondo e il cuore lontano dalla casa.