Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
non valeva a consolarla dello sterile laconismo delle lettere di lui.
Ognuna di quelle lettere sospirate, ritirate a costo di mille pericoli dalla casella postale, rice vute con mano tremante, lette con palpiti furtivi ed occhi velati di pianto, costituiva per lei la più crudele disillusione.
Erano brevi e senz'ànima. Spesso parlavano- di cose completamente estranee al loro amore. Re ginetta aveva la rosolia; un cavallo stava amma lato; la bicicletta, di forte costo, si era frantu mata in una ripida discesa e Germano aveva corso rischio di fiaccarsi il collo.
Flora, incollerita, strappava il foglio in mille pezzi e appena i frammenti volavano o giacevano al suolo tra il fango della via, ella attribuiva alle parole testò lette un senso recondito di passione, e cominciava a desiderare la lettera successiva, che non era più tenera delle altre e che le pro curava lo stesso rammarico iroso.
Se Germano peraltro scriveva poco e male, faceva di tutto per recarsi a Roma il più spesso possibile. Dal novembre al febbraio venne tre volte.
Arrivava il sabato mattina ben deciso a ripar tire la sera della domenica, ma le braccia di Flora erano così tenaci che egli non perveniva a distrigarsene.
Prolungava dunque la sua dimora di tre, di quattro, di cinque giorni, finché egli fuggiva co dardamente per evitare le lacrime dell'amante e i rimbròtti della moglie.
Flora non sapeva capacitarsi in qual modo Germano che, standole vicino la copriva di baci deliranti, e aveva gridi di smarrimento per ogni