Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/91

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— È buono — ella disse — molto buono e, giacché al mondo ci si vive per stare allegri, io bevo.

— Sicuro, sicuro. La nostra cantina ha le sue botti e il nostro vigneto ha le sue viti — esclamò Giovanni; ma vedendo che Balbina si ostinava a starsene muta con la persona buttata in avanti sulla tavola, ebbe un gesto d'ira di spettosa e, accesa una lanterna, aperse l'uscio di fondo della cucina e cominciò a scéndere, bor bottando i gradini di una scaletta buia.

Balbina sollevò, con moto energico, il petto dalla tavola e disse alla madre imperiosamente:

— Cosa state a pensare, mamma? Perchè non mi avete ubbidita?...

Il timido viso di Clelia si atteggiò a sgo mento:

— Tuo padre potrebbe prendere le. cose a male e io ho paura.

Balbina si strinse irosa nelle spalle. — Fate quello che vi ho detto di fare e non pensate ad altro — e poiché Giovanni tornava dalla cantina, tenendo in mano un altro boccale più piccolo, la ragazza abbandonò di nuovo la per sona sul tavolo con atto stanco e si chiuse di nuovo nel suo mutismo. — Togli le castagne dalla cenere — impose Giovanni alla moglie. — Vino e castagne hanno sempre fatto all'amore insieme fino dal tempo di Noè e mentre Clelia scomponeva con la paletta l'alto mucchio di cinigia sotto cui le castagne si stavano crogiolando, Giovanni tolse dalla cre denza tre bicchieri a calice e li depose in fila sopra il desco. — Sissignore, ci vogliono i bicchieri a calice