Pagina:Tasso, Torquato - Il Re Torrismondo, Pisa, 1821.djvu/115

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ATTO QUINTO 111

Mi concede al suo attico, anzi al nemico
Del sangue mio. Così vuol ch’io m’acqueti
Nel voler d’un amante, e d’un tiranno;
Così l’un Re mi compra, e l’altro vende.
Ed io son pur la serva, anzi la merce,
Fra tanta cupidigia, e tal disprezzo!
Udisti mai, tal fede? Udisti cambio
Tanto insolito al mondo, e tanto ingiusto?

NUTRICE

Senza disprezzo forse, e senza sdegno
È questo cambio. Alta ragione occulta
Dee muovere il buon Re; chè d’opra incerta
Sovente il buon consiglio altrui s’asconde ì.

ALVIDA

La ragion, ch’egli adduce, è finta e vana,
E in me lo sdegno accresce, in me lo scorno;
Mentre il crudel così mi scaccia, e parte,
Prende giuoco di me. Marito vostro,
Mi disse è ’l buon Germondo, ed io fratello.
Ed adornando va menzogne e fole
D’un ratto antico, e d’un’antica fraude.
E mi figura, e finge un bosco, un antro
Di Ninfe inicantatrici. E ’l falso inganno
Vera cagione è del rifiuto ingiusto,
E fia di peggio. E Torrismondo è questi;
Questi, che mi discaccia, anzi m’ancide:
Questi, ch’ebbe di me le prime spoglie,
Or l’ultime n’attende; è già sen gode:
E questo è ’l mio diletto, e la mia vita.
Oggi d’estinto Re sprezzata figlia
Son rifiutata. Oh patria, oh terra; oh cielo!
Rifiutata vivrò? vivrò schernita?
Vivrò con tanto scorno? ancora indugio?