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Pagina:Tasso - Aminta, Manuzio, 1590.djvu/39

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30 atto secondo.

     Son le viſcere mie; e mille spiedi
     Hà ne gli occhi di Siluia il crudo Amore.
     Crudel Amor, Siluia crudele, ed empia
     15Più che le ſelue. Ò come à te confaſſi
     Tal nome: e quanto vide, chi te’l poſe:
     Celan le ſelue, angui, leoni, & orſi:
     Dentro il lor verde; e tu dentro al bel petto
     Naſcondi odio, diſdegno, & impietate;
     20Fere peggior, ch’angui, leoni, & orſi:
     Che ſi placano quei, questi placarſi
     Non poſſono per prego, nè per dono.
     Ohime, quando ti porto i fior nouelli,
     Tu li ricuſi, ritroſetta; forſe,
     25Perche fior via più belli hai nel bel volto.
     Ohime, quando io ti porgo i vaghi pomi,
     Tu li rifiuti, diſdegnoſa; forſe,
     Perche pomi più vaghi hai nel bel ſeno.
     Laſſo, quand’io t’offriſco il dolce mele,
     30Tu lo disprezzi, dispettoſa; forſe,
     Perche mel via più dolce hai ne le labra.
     Ma, ſe mia pouertà non può donarti
     Coſa, ch’in te non ſia più bella, e dolce;
     Me medeſmo ti dono. hor, perchè iniqua
     35Scherni, & abborri il dono? non ſon’io
     Da disprezzar, ſe ben me steſſo vidi
     Nel liquido del mar, quando l’altr’hieri
     Taceano i venti, & ei giacea ſenz’onda.
     Queſta mia faccia di color ſanguigno,


     Son le viscere mie; e mille spiedi
     Ha ne gli occhi di Silvia il crudo Amore.
     Crudel Amor, Silvia crudele, ed empia
     15Più che le selue. O come a te confassi
     Tal nome: e quanto vide, chi te’l pose:
     Celan le selve, angui, leoni, ed orsi:
     Dentro il lor verde; e tu dentro al bel petto
     Nascondi odio, disdegno, ed impietate;
     20Fere peggior, ch’angui, leoni, ed orsi:
     Che si placano quei, questi placarsi
     Non possono per prego, né per dono.
     Ohimè, quando ti porto i fior novelli,
     Tu li ricusi, ritrosetta; forse,
     25Perché fior via più belli hai nel bel volto.
     Ohimè, quando io ti porgo i vaghi pomi,
     Tu li rifiuti, disdegnosa; forse,
     Perché pomi più vaghi hai nel bel seno.
     Lasso, quand’io t’offrisco il dolce mele,
     30Tu lo disprezzi, dispettosa; forse,
     Perché mel via più dolce hai ne le labra.
     Ma, se mia povertà non può donarti
     Cosa, ch’in te non sia più bella, e dolce;
     Me medesmo ti dono. Or, perché iniqua
     35Scherni, ed abborri il dono? Non son’io
     Da disprezzar, se ben me stesso vidi
     Nel liquido del mar, quando l’altr’ieri
     Taceano i venti, ed ei giacea senz’onda.
     Questa mia faccia di color sanguigno,

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