Pagina:Tassoni, Alessandro – La secchia rapita, 1930 – BEIC 1935398.djvu/172

Da Wikisource.
166 la secchia rapita


43
     Restâr gli scudi, e «Paolo» e «Sagramoro»
negli orli impressi. Indi a giostrar si mosse,
sovra un corsier di pel tra bigio e moro,
un cavalier con piume bianche e rosse
e sopravesta di teletta d’oro
ricamata a troncon di perle grosse,
ch’una mano di paggi intorno avea
vestiti a superbissima livrea.
44
     Questi era un cavalier non piú nomato,
figlio d’un romanesco ingannatore;
che pria fu rigattier, poi s’era dato
in Campo Merlo a far l’agricoltore,
e ’l grano e le misure avea falsato
tanto che divenuto era signore;
e per aggiugner gloria al figlio altiero
quivi dianzi il mandò per venturiero.
45
     Costui se ’n venia gonfio come un vento,
teso ch’un pal di dietro aver parea:
fu conosciuto a l’armi e al guarnimento
e a la superba sua ricca livrea.
Potrei rassomigliarlo a piú di cento
di non forse inegual prosopopea;
ma toccherei un mal vecchio decrepito,
e la zerbineria farebbe strepito.
46
     Ninfeggiò prima e passeggiò pian piano,
poi maneggiò il destriero a terra a terra;
in fin che si ridusse in capo al piano
dove s’avea da incominciar la guerra.
Ecco la tromba; ecco con l’asta in mano
vien l’uno e l’altro, e fa tremar la terra:
risonarono i lidi a le percosse;
né a quell’incontro alcun di lor si mosse.