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canto undecimo 199


15
     La prima cosa lasciò l’alma a Dio,
e lasciò il corpo a quell’eccelsa terra,
dov’era nato; e per legato pio
danari in bianco e quantitá di terra.
Indi tratto da folle e van desio
a dispensar gli arredi suoi da guerra,
lasciò la lancia al re di Tartaria
e lo scudo al soldan de la Soria;
16
     la spada a Federico imperatore
ed al popol romano il corsaletto;
a la reina del mar d’Adria, onore
del secol nostro, un guanto e un braccialetto;
l’altro lasciollo a la cittá del Fiore;
e al greco imperator lasciò l’elmetto:
ma il cimier, che portar solea in battaglia,
ricadeva al signor di Cornovaglia.
17
     Lasciò l’onore a la cittá del Potta,
poi fe’ del resto il suo padrino erede.
D’intorno al letto suo s’era ridotta
gran turba intanto, chi a seder, chi in piede;
fra’ quali stando il buon Roldano allotta,
che non prestava a le sue ciance fede,
gli diceva a l’orecchia tratto tratto:
— Conte, tu sei vituperato a fatto.
18
     Non vedi che costor t’han conosciuto
che per tema tu fai de l’ammalato?
Salta su presto, e non far piú rifiuto;
ché tu svergogni tutto il parentato.
Noi spartiremo e ti daremo aiuto
subito che l’assalto è incominciato. —
Il conte si ristrigne e si lamenta,
e si vorria levar; ma non s’attenta.