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canto duodecimo | 219 |
31
Né deve minor lode esser a nui
il conservar la libertade antica,
ch’a gli altri l’occupar gli stati altrui
e la fede ingannar di gente amica.
Questo dico a chi tocca e non a vui:
che se ’l papa si studia e s’affatica
di porne in pace con paterno zelo,
ne debbiamo levar le mani al cielo;
32
quantunque non rispondano a le prove
quel terzo ch’ei mandò di perugini,
e questo monsignor che fa da Giove
coi fulmini ch’avventa ai ghibellini.
Però s’amor, se caritá lo muove,
se lo spirto di Dio spira i suoi fini,
deh cessi il mal influsso a questa terra,
e faccia il papa a gl’infideli guerra:
33
ché noi siam pronti a riverire i suoi
santi pensieri e far ciò ch’egli impone,
e a por liberamente in mano a voi
ogn’arbitrio di pace, ogni ragione.
L’onore intatto resti, e sia di noi
quel che v’aggrada; acciò ch’al paragone
piú non abbiamo a rassembrar bastardi
tra i vostri figli a gli altrui biechi sguardi.
34
Ché quell’armi ch’or voi depor ci fate,
se verrá tempo mai ch’uopo ne sia,
se verrá tempo mai che le chiamiate
o in Mauritania o ai regni di Soria,
vi seguiran nel mar fra l’onde irate,
vi seguiran per solitaria via;
saran le prime a disgombrarvi i passi,
onde a la gloria e a la salute vassi. —