Pagina:Tassoni, Alessandro – La secchia rapita, 1930 – BEIC 1935398.djvu/274

Da Wikisource.
268 l'oceano



12
     Liete se ’n gian le tre famose navi
col vento in poppa in alto mar secure;
quand’ecco si turbâr l’aure soavi,
e l’onde si turbâr placide e pure.
A l’apparir degli empi spirti e pravi
parve ascondersi il ciel fra nubi oscure:
e i venti, che dormian sopra l’arene
del mar, ruppero i ceppi e le catene.

13
     Scatenato Libecchio Africa lassa,
e verso tramontana i vanni spaccia:
Euro al fondo del mar corre e s’abbassa:
e le tempeste in ciel Volturno caccia.
Vede il periglio il capitano; e passa
a confortare i suoi pallidi in faccia:
fa calar ogni vela in un momento
fuor che ’l trinchetto, e piglia in poppa il vento.

14
     Né provveduto ancor del tutto ei s’era,
che riversò la maledetta gesta
da la faccia del ciel torbida e nera
grandine e pioggia e fulmini e tempesta.
Sparve il giorno col sole, e innanzi sera
notte si fe’ caliginosa e mesta;
né rimase altro lume ai naviganti,
che quel ch’uscia dai folgori tonanti.

15
     Crescono l’onde a tant’altezza, ch’elle
perdon la forma e la sembianza d’onde;
le navi ora salir verso le stelle
e su le nubi alzar paion le sponde,
or traboccar fra l’anime rubelle
sembran ne le voragini profonde:
e al romper de l’antenne e de le sarte
han giá i nocchieri abbandonata l’arte.