Pagina:Tassoni, Alessandro – La secchia rapita, 1930 – BEIC 1935398.djvu/305

Da Wikisource.

rime 299

     De l’una e l’altra Esperia al gran valore
fu allora ’l Ionio angusto,
né tutti ricoperse i corpi estinti.
Quivi d’Africa il fiore
cadde, quivi lasciar l’onor vetusto
d’Asia abbattuti e vinti
i regni, e monti alzar meravigliosi
d’armi e di membra in mezzo i campi ondosi.
     Ma i fregi di costui son pregi tuoi,
Calliope canora,
e l’impresa di Marte e di Bellona;
cantiamo dunque or noi
il figlio suo, che Palla e Febo onora,
a cui maggior corona
di quella serba il Vaticano monte
che al padre vittorioso ornò la fronte.
     Romano sol, che di splendor contendi
quanto gira la terra
coi chiari rai de la paterna face,
che se rischi tremendi
corse quegli coll’armi invitto in guerra,
tu glorioso in pace
col consiglio governi e a parte il pondo
sostieni de la Chiesa, anzi del mondo.
     Ben vide sul fiorir maturo il senno
di quell’alma il re ispano
e l’additò al gran Sisto e gliel dipinse;
ond’egli a tanto cenno,
gli occhi volgendo al tuo valor sovrano,
il nobil crin ti cinse
d’ostro e provvide con lodato esempio
di sí ferma colonna al divin tempio.
     Ma tu mi lasci, o Clio,
onde cede il mio canto al gran disegno
e a soggetto immortal mortale ingegno.