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56 la secchia rapita


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     Il conte di Miceno era un signore,
fratel del Potta, a Modana venuto,
dove invaghí sí ognun del suo valore
che a viva forza poi fu ritenuto:
non avea la milizia uom di piú core,
né piú bravo di lui né piú temuto:
corseggiò un tempo il mar, poscia fu duce
in Francia; e nominato era Voluce.
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     Gli donò la cittá, per ritenerlo,
Miceno, Monfestin, Salto e Trignano,
e Ranocchio e Lavacchio e Montemerlo,
Sassomolato, Riva e Disenzano:
un san Giorgio parea proprio a vederlo,
armato a piè con una picca in mano;
con ottocento fanti al campo venne,
con armi bianche e un gran cimier di penne.
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     Panfilo Sassi e Niccolò Adelardi
co’ Frignanesi lor seguirò appresso,
di concerto spiegando i due stendardi
di Sestola e Fanano a un tempo stesso.
L’uno ha tre monti in aria, e ’l motto, tardi;
l’altro, nel mar dipinto un arcipresso:
con l’uno è Sassorosso, Olina e Acquaro;
Roccascaglia con l’altro e Castellaro.
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Eran mille fra tutti. E dopo loro
venia una gente indomita e silvestra:
San Pellegrino, e giú fino a Pianoro
tutto il girar di quella parte alpestra,
dove sparge il Dragone arena d’oro
a sinistra, e ’i Panaro ha il fonte a destra,
Redonelato e Pelago e la Pieve
e Sant’Andrea che padre è de la neve;