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il filosofo teofrasto |
Dieci anni più tardi, quando il suo scolaro Demetrio di Faléro che governava Atene in nome di re Cassandro fu cacciato via in esilio e la filosofia peripatetica cadde anch’essa in disgrazia presso il nuovo monarca Demetrio Poliorcete figlio di Antipatro Monoftalmo, l’accusa di empietà contro Teofrasto fu ripresa con più violenza da Sofocle di Sunio il quale promulgò una legge affinché tutte le scuole filosofiche fossero bandite da Atene. E quel Demócare, nipote di Demostene, che in pubblica adunanza sostenne animosamente la legge sofoclea, accusò a viso aperto le scuole platoniche e aristoteliche di aver tratto vantaggio dalla Repubblica di Platone e dalle sue «illegali» Leggi, non solo concorrendo a spogliare i padroni dei propri averi per distribuirli agli schiavi e a far comunanza di mogli e di nozze, ma vivendo vita scellerata e indegna e attirando l’attenzione di tutti per la loro furfanteria. Assai probabilmente egli alludeva anche a Teofrasto, del quale, del resto, ricordò com’egli dieci anni innanzi non avesse saputo difendere se stesso dinnanzi all’Areópago, ma poche parole avesse a mala pena balbutito: «eppure, o Teofrasto, eran gli Ateniesi che ti giudicavano e non già i dodici giudici dell’Areopago!».
In verità, la legge di Sofocle pretendeva che nessuna scuola filosofica potesse fiorire in Atene la quale non avesse in precedenza ricevuto l’approvazione della pubblica assemblea, e Teofrasto fu insieme con altri capiscuola costretto a lasciar la città per un anno, ché per appunto un anno ebbe vigore quella legge e poi, nelle sempre instabili vicende della democrazia ateniese, essa fu abrogata, e il medesimo Sofocle, su accusa di un tal Filone, scolaro di Aristotele, condannato a pagar cinque talenti di ammenda, nonostante la difesa che a suo favore scrisse il solito Democare. Da allora fino al giorno della morte Teofrasto non ebbe nessun’altra noia che non fossero le polemiche contro gli avversari di altre scuole, soprattutto contro Epicuro e i suoi seguaci, perfino contro la Leonzio del cenacolo epicureo che osò di aggredirlo in scritti di purissimo dettato attico, lei che Cicerone affezionatissimo a Teofrasto chiama addirittura meretricula per essere stata la concubina di Metrodoro e forse anche l’amica
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