Pagina:Teofrasto - I Caratteri.djvu/70

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il filosofo teofrasto

parsi di cosiffatti problemi, giacché a voler tacere del Plauto da noi già mentovato a pagina 42, Aulo Gellio cita parafrasandolo un passo del «Carmen de moribus», cioè a dire del carme sui costumi, composto dal vecchio Catone, a proposito di elegans homo: che, dice Gellio, non fu sempre adoperato in senso benevolo, ma nell’età di Catone rappresentò addirittura un difetto, un vitium. Ecco il passo di Gellio e di Catone: elegans homo non dicebatur cum laude sed id fere verbum ad aetatem Marci Catonis vitii non laudis fuit. Est namque hoc animadvertere, cum in quibusdam aliis tum in libris Catonis qui inscriptus est Carmen de moribus, ex quo libro verba haec sunt: «avaritiam ommia vitia habere putabant, sumptuosus cupidus elegans vitiosus inritus qui habebatur is laudabatur...». E ne risulta che l’uomo dedito al fasto, il cupido, l’elegante, il vizioso, il vano, Catone li considerava e giudicava sottospecie dell’avaro; e che però assai probabilmente aveva letto anche lui non solo Teofrasto, ma anche Aristone il quale più e meglio di Teofrasto erasi occupato di quei problemi. Naturalmente, Catone non poteva aver letto Aristone nelle citazioni di Filodémo che è di parecchi anni più tardi, ma deve aver letto negli originali greci le controversie che su questi problemi sorsero tra i Peripatetici e gli Stoici.

Non essendo il caso di insistere più a lungo su queste citazioni, sarà forse bastevole rilevare l’importanza che nel campo dell’etica propriamente detta e della retorica riscossero quistioni del genere. È già nel poeta Accio, e precisamente in un frammento di tragedia, la distinzione tra pertinacia e pervicacia; e nel «Precettore dei rétori» che è per appunto titolo di un’operetta di Luciano leggesi la descrizione del pedagogo severo e addottorato, così come nella lettera centesimaquarta di Sinesio, vescovo di Cirene; si ammira la descrizione del vigliacco, e in una omilia di San Giovanni Crisostomo quella del ghiottone. Tracce teofrastee sono visibili in Sinesio; ma è possibile che anche Giovanni Crisostomo e Luciano attingessero da opere perdute del nostro Teofrasto o di altri compositori di «Caratteri»: mentr’è certo che poco o nulla di teofrasteo c’è in questa bellissima descrizione di colui che vecchio vuol mettersi a imparare come se fosse un giovanetto, la quale


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