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viii | l’autore ai lettori. |
ni Berchet. Ma per fuggir taccia di presuntuoso, io piegai il comune têma ad altro disegno e il venni pennelleggiando come avrebbe fatto per avventura un Rápsoda greco, dove fosse ito di città in città ricordando, per via d’esempio, la grande sconfitta di Serse. Nell’Inno poi a Santa Rosalia patrona di Palermo, io pigliava (e nol vo’ punto dissimulare) un arbitrio sommo e chi sa se concedibile nemmanco a’ poeti; e questo fu di seguire bensì i fatti narrati nella leggenda, ma di dar loro cagioni e intenzioni per avventura molto diverse da quelle che accaddero; non però diverse e contrarie allo spirito dei Vangeli, semprechè questi fossero intesi ed interpretati giusta la virtù loro civilissima ed applicati a dovere agli uffici e alle spirazioni del buon cittadino. Chi di ciò mi vuole chiamare in colpa, affrettisi d’indicarmi alcuna persona canonizzata per santa e la quale spendesse il sangue e la vita sua per la patria; e gli do licenza di squadernare da capo a fondo i venti e più libraccioni della raccolta de’ Bollandisti.
INNO A SANTA CECILIA ED INNO A SAN GIORGIO
PATRONO DI GENOVA.
Nessuna cosa è più fredda delle astrazioni allegorizzate; e nessuna, invece, riesce più calda e immaginosa d’un nobile archetipo il quale s’incarna e individua in una reale e particolare persona. Di vero, se l’allegoria della discordia stupendamente delineata da Messer Lodovico non riempiesse dell’Orlando furioso pochissime pagine e di frequente ricomparisse nella narrazione come fa nell’Enriade del Voltaire e come fanno parecchj personaggi fantastici nella Vergine Una di Spenser, la sazietà e la noja verrebbersi accompagnando all’invenzione del poeta. Accade il contrario nel Lucifero del Paradiso Per-