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xxxii | l’autore ai lettori. |
bero, od apparirebbero almeno, le sembianze della terra inselvatichita ed impaludata.
Tutto ciò, rispetto al pensiere che anima questo Idillio. Consideriamo ora sotto brevità l’elocuzione che vi è adoperata. Durando l’èra prima di civiltà, come io notava più sopra, la poesia, la metafisica e la precettiva si mescolano e si confondono; perchè manca all’intelletto il vigore e all’arte l’abilità di separare con diligenza l’atto e l’esercizio di differenti potenze mentali, e attribuire a ciascuna la propria e peculiare guisa di significare sè stessa. Il lieto progredire sì della civiltà in genere e sì della scienza e dell’arte in ispecie viene dipoi insegnando come trasfondere con ingegno e misura la filosofia nella poesia; tanto che io stimo oggidì impossibile di scrivere versi sostanziosi e di subbietto elevato, i quali non s’imbevano d’alto sapere e non s’adornino di molte riposte meditazioni attinte alla scienza ed alla speculativa. Quindi il magistero consiste tutto nel fornire ai pensamenti astratti e alle notizie sperimentali e scientifiche un abito non pure elegante, ma colorito d’immagini, gradevole ai sensi, ben visibile e figurabile, e fuggendo a tutt’uomo di dare nel freddo e nel secco, e dirò anche, nel mero didascalico; avvegnachè ò sempre opinato che la didascalica pura mai non diventi poesia; e vi si provino i soli ingegni che tanto sono poveri d’invenzione e d’affetto quanto costruttori pazienti ed artificiosi di buoni versi. Nè sia chi alleghi per confutarmi le Georgiche di Virgilio. Due terzi di quel poema divino non sono precettivi; e coloro poi che s’accinsero d’immitarlo, o riuscirono magri e tediosi, o piacquero ed allettarono con la vaghezza delle digressioni e degli episodj, e cioè a dire che l’accessorio guadagnò il passo e rubò il pregio al principale.
Da ultimo, nell’Idillio è fatto con acconcezza ver-