Pagina:The Oxford book of Italian verse.djvu/258

Da Wikisource.

CELIO MAGNO

201 ii
N
ON fuggir, vago augello, affrena il volo,

Ch’io non tendo a’ tuoi danni o visco o rete;
               Chè, se a me libertà cerco e quiete,
               4Por te non deggio in servitute e in duolo.
          Ben io fuggo a ragion nemico stuolo
               Di gravi cure in queste ombre secrete,
               Ove, sol per goder sicure e liete
               8Poche ore teco, a la citta m’involo.
          Qui più sereno è il ciel, più l’aria pura,
               Più dolci l’acque, e, più cortese e bella,
               11L’alte ricchezze sue scopre Natura.
          O mente umana, al proprio ben rubella,
               Vede tanta sua pace e non la cura,
               14E stima porto ov’ha flutto e procella!


202 Canzone
M
E stesso io piango: e de la propria morte

Apparecchio l’esequie anzi ch’io pera:
               Ch’ognor in vista fera
               M’appar davanti, e ’l cor di tema agghiaccia:
               5Chiaro indicio che già l’ultima sera
               S’appressi, e ’l fin di mia giornata apporte.
               Nè piango, perchè sorte
               Larga e benigna abbandonar mi spiaccia;
               Anzi or con più che mai turbata faccia
               10Fortuna provo a farmi oltraggio intenta.
               Ma, se in cotal pensier l’anima immersa
               Geme, e lagrime versa,
               E del su’ amato nido uscir paventa,
               Natura il fa, che per usata norma
               15L’immagine di Morte orribil forma.

258