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UGO FOSCOLO
Fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti
Contende. E senza tomba giace il tuo
Sacerdote, o Talia, che a te cantando
55Nel suo povero tetto educò un lauro
Con lungo amore, e t’appendea corone;
E tu gli ornavi del tuo riso i canti
Che il lombardo pungean Sardanapalo,
Cui solo è dolce il muggito de’ buoi
60Che dagli antri Abduani e dal Ticino
Lo fan d’ozj beato e di vivande.
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
Spirar l’ambrosia, indizio del tuo nume,
Fra queste piante ov’io siedo e sospiro
65II mio tetto materno. E tu venivi
E sorridevi a lui sotto quel tiglio
Ch’or con dimesse frondi va fremendo
Perchè non copre, o Dea, l’urna del vecchio,
Cui già di calma era cortese e d’ombre.
70Forse tu fra’ plebei tumuli guardi
Vagolando, ove dorma il sacro capo
Del tuo Parini? A lui non ombre pose
Tra le sue mura la città lasciva
D’evirati cantori allettatrice;
75Non pietra, non parola; e forse l’ossa
Col mozzo capo gl’insanguina il ladro
Che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
La derelitta cagna ramingando
80Sulle fosse, e famelica ululando;
E uscir del teschio, ove fuggia la Luna,
L’úpupa, e svolazzar su per le croci
Sparse per la funerea campagna,
E l’immonda accusar col luttuoso
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