Pagina:The Oxford book of Italian verse.djvu/442

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GIACOMO LEOPARDI

          Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio
          10Formosissima donna! Io chiedo al cielo
          E al mondo: Dite, dite;
          Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
          Che di catene ha carche ambe le braccia;
          Sì che sparte le chiome e senza velo
          15Siede in terra negletta e sconsolata,
          Nascondendo la faccia
          Tra le ginocchia, e piange.
          Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
          Le genti a vincer nata
          20E nella fausta sorte e nella ria.
     Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,
          Mai non potrebbe il pianto
          Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
          Che fosti donna or sei povera ancella.
          25Chi di te parla o scrive,
          Che, rimembrando il tuo passato vanto,
          Non dica: Già fu grande, or non è quella?
          Perchè, perchè? dov’e la forza antica,
          Dove l’armi e il valore e la constanza?
          30Chi ti discinse il brando?
          Chi ti tradì? qual arte o qual fatica
          O qual tanta possanza
          Valse a spogliarti il manto e l’auree bende?
          Come cadesti o quando
          35Da tanta altezza in così basso loco?
          Nessun pugna per te? non ti difende
          Nessun de’ tuoi? L’armi, qua l’armi: io solo
          Combatterò, procomberò sol io.
          Dammi, o ciel, che sia foco
          40Agl’Italici petti il sangue mio.
     Dove sono i tuoi figli? Odo suon d’armi

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