Pagina:The Oxford book of Italian verse.djvu/99

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DANTE ALIGHIERI

               Non vi saprei dir bene quel ch’io sono;
               65Sì mi fa travagliar l’acerba vita,
               La quale è sì invilita,
               Ch’ogni uom par che mi dica: ‘ Io t’abbandono, ’
               Vedendo la mia labbia tramortita.
               Ma qual ch’io sia, la mia donna sel vede,
               70Ed io ne spero ancor da lei mercede.
          Pietosa mia canzone, or va piangendo,
               E ritrova le donne e le donzelle,
               A cui le tue sorelle
               Erano usate di portar letizia;
               75E tu, che sei figliuola di tristizia,
               Vatten disconsolata a star con elle.


45 vi
Q
UANTUNQUE volte, lasso! mi rimembra

Ch’io non debbo giammai
               Veder la donna, ond’io vo sì dolente,
               Tanto dolore intorno al cor m’assembra
               5La dolorosa mente,
               Ch’io dico: ‘ Anima mia, che non ten vai?
               Chè li tormenti, che tu porterai
               Nel secol che t’è già tanto noioso,
               Mi fan pensoso di paura forte; ’
               10Ond’io chiamo la Morte,
               Come soave e dolce mio riposo;
               E dico: ‘ Vieni a me, ’ con tanto amore,
               Ch’io sono astioso di chiunque muore.
          E’ si raccoglie negli miei sospiri
               15Un suono di pietate,
               Che va chiamando Morte tuttavia.
               A lei si volser tutti i miei desiri,


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