Pagina:Tigre Reale.djvu/11

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il suo bambino sino ai trent’anni. Giorgio era arrivato alla maturità della giovinezza senza un ostacolo, senza una contrarietà, senza avere l’occasione di impiegare una sola delle sue facoltà virili nelle lotte della vita. Il buon padre sorrideva del suo grosso riso contento allorchè scorgeva nel giovinetto le debolezze nervose e le grazie femminili che gli rammentavano la sua povera moglie.

Così Giorgio non aveva dovuto occuparsi, per 365 giorni dell’ anno che della cera dell’ usciere di Sua Eccellenza, e del sorriso delle donne. Ora che era un uomo serio, un tantino materialista come conviensi a diplomatico, non faceva più versi, anzi si vergognava di averne fatti, ma giovavasi della vecchia abitudine di guardare in aria per mettere del cobalto nel suo orizzonte, e faceva servire la linfa che c’era nel suo organismo da poeta a rendere più soffici i cuscini di quel tal cocchio che lo menava attraverso la giovinezza allegramente e a quattro cavalli. Quando qualche sassolino ne faceva rimbalzare le ruote — un pentimento, un rimorso di dieci minuti, una