Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/588

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LIBRO TERZO 53i) romano non basta a provare 1’origine e la cittadinanza romana. Abbiam veduto di sopra nominarsi da Plinio parecchi medici che al nome sembran Romani, i Cassii, gli Albuzzi, ec., e nondimeno essi non eran certo romani; poichè Plinio stesso soggiugne che niun dei Romani avea finallora esercitata quest’arte.,. Gli schiavi, quando erano manomessi, prendevano comunemente il nome del loro liberatore, e talvolta dimenticavano in tutto il loro nome natio. Chi sa qual fosse l’antico nome africano del poeta Publio Terenzio? Ei non vien mai chiamato altrimenti che dal nome dell’antico suo padrone. La stretta e intrinseca amicizia che co’ più ragguardevoli cittadini ebbero alcuni medici in Roma, è aneli’ essa troppo debole prova a mostrare che questi ancora fossero cittadini. Chi più accetto a’ grandi di Roma di Panezio, di Polibio e di altri Greci? Anzi, anche per riguardo agli schiavi , basta leggere le lettere di Cicerone al suo liberto Tirone,per conoscere che questi ancora, quando se ne rendevano degni, godevano della più amichevole confidenza de’ lor signori. Egli è vero finalmente che l’arte della medicina da Cicerone si dice onesta, ma in confronto di quelle che sono vergognose e vili, e onesta per riguardo a quella classe d’uomini, che la esercitano: Minimeque dice egli De Offic. l. 1, n. 4 2)5 artes hae probandae, quae mini strae sunt voluptatum, cetarii, lanii, coqui, sartores, piscatores, ut ait Terentius.... Quibus autem artibus aut prudentia major inest, aut non mediar ris utilitas quaeritur, ut. medicina, ut architectura, ut doctrina rcru/n Jionestarum,