Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/607

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V. Mutivi di questo sì severo decreto. K>° b PARTE TERZA c che i Romani volentieri vedessero la lor gioventù ad esse accostarsi. Certo si è gi:> veduto (di sopra, che i più valenti tra’ Greci scelse Cornelia ad istruire nell’eloquenza i due Gracchi suoi figli, e fra gli altri Diofane di Mitilene; e che i più celebri retori greci furon da Cicerone nella sua fanciullezza uditi. Ma di essi non parla Svetonio, il quale solo de’ latini retori ci ha lasciate alcune memorie. Narra « di adunque t De Cl. Rhet c. 1) che alcuni Romani a imitazione de’ Greci presero essi pure a tenere scuola d’eloquenza, e a prendere perciò il nome di retori latini. Ma appena avean essi cominciato, che furon costretti a tacere. Ecco il grave e severo decreto di Gneo Domizio Enobarbo e di Lucio Licinio Crasso censori contro di essi, promulgato l’anno 661, quale da Svetonio (ib.) e da Gellio (l. 15, c. 11) ci vien riferito. Renuntiatum est nobis, esse homines qui novum genus disciplinae institueru.nl, ad quos juventus in ludos conveniat: eos sibi nomen imposuisse latinos rhetores: ibi homines adolescentulos totosdies desidere. Majores nostri, quae liberos suos discere, et quos in ludos itare vellent, constituerunt. Haec nova quae praeter consuetudinem ac morem majorum fiunt, neque placent, neque recta videntur. Quopropter et iis qui eos ludos habent, et iis qui eo venire consueverunt, vide tur faciendum. ut ostendamus nostram sententiam, nobis non piacere. V.Questo decreto sembra a prima vista dettato da quel medesimo spirito di austera rozzezza che fece per lungo tempo aborrire a’ Romani gli studi d ogni maniera. Ma veramente, se con