dalla natura non era fatto. Il che pare ch’egli
intendesse singolarmente con quelle parole:
Quid tibi cum Cyrrha? quid cum Permessidos unda?
XI. Più felice disposizione alla poesia avea
dalla natura sortito Publio Papinio Stazio napoletano di patria. Egli ebbe a padre un valoroso poeta, di cui niun cosa ci è rimasta;
ma che era tale, se dobbiam crederne al figlio,
il qual ne pianse co’ suoi versi la morte (l. 5,
sil. 3), che poteva per avventura andar del pari
con Omero e con Virgilio:
Fors et magniloquo non posthabuisset Homero,
Tenderet et torvo pietas aequare Maroni.
Egli è però verisimile che il figliale affetto esagerasse alquanto le paterne lodi. Egli certo cel
rappresenta come uomo in tutte le scienze versato , ed elegante scrittore in prosa non men
che in verso:
Omnia namque animo complexus , et omnibus auctor,
Qua tàndi v;s lata patet, sive orsa libebat
Aoniis vinci re modis , seu voce soluta
Spargere, et affraeno nimbos aequare profatu.
E quindi aggiugne che più volte ei riportò
la corona ne’ poetici combattimenti che ogni
quinto anno celebravansi in Napoli; perciocchè
di lui parlando alla sua patria , così dice:
Ille tuis toties praestrinxit tempora sertis ,
Cum stata laudato caneret quinquennia versu.
Di questi combattimenti dovrem trattare più
a lungo, quando ragioneremo della letteratura
delle altre provincie d’Italia. Per ora basti il