Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/315

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XVI. Cognizioni (fisiche che si incontrano nelle sue opere. 2~8 IIBKO XVT. Nè la morale soltanto, ma la fisica ancora dee molto a Seneca. In molte quistioni veggiamo ch’egli col penetrante ingegno, di cui fu certamente dotato, e col lungo studio era giunto a vedere, direi quasi, da lungi quelle verità medesime che i moderni filosofi hanno poscia più chiaramente scoperte, e confermate colle sperienze. Così egli ragiona della gravità dell’aria, e della forza, che noi or diciamo elastica, con cui essa or si addensa, ed or si dirada: Ex his gravitatem aeris fieri.. habet ergo aliquam vim talem aer, et ideo modo spissat se, modo expandit et purgat, alias contrahit , alias diducit, ac differt (Natural. Quaest. l. 5, c. 5, 6). Così parimenti egli reca la cagion fisica de’ tremuoti, cioè i fuochi sotterranei che accendonsi, e facendo forza a dilatarsi, se trovan contrasto, urtano impetuosamente e scuotono ogni cosa (ib. l. 6, c. i i). Così ancora egli spiega per qual maniera L’acqua del mare insinuandosi per occulte vie sotterra si purga e si raddolcisce, e forma i fonti ed i fiumi (ib. l 3, c. 5, 15). Così molte altre quistioni di fisica e di astronomia si veggon da Seneca, se non rischiarate, adombrate almeno per tal maniera, che si conosce ch’egli fin d’allora in più cose o conobbe, o fu poco lungi dal conoscere il vero. Ma bello è singolarmente l’udir Seneca, ove ragiona delle comete, e stabilisce chiaramente eli’ esse hanno un certo e determinato corso, e che a tempi fissi si fanno vedere in cielo, e svaniscono, e ritornan poscia con infallibili leggi; e predire insieme che verrà un tempo in cui queste cose medesime