Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/335

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298 libro e Auneo Cornuto africano di cui Persio sì grandi elogi ci ha lasciato nelle sue Satire (sat. 5), e Dione soprannomato per la sua eloquenza Grisostomo caro assai a Ner\ a e a Traiano, e da essi sommamente onorato, di cui abbiamo ancora molte Orazioni scritte in greco, poichè egli prima di volgersi alla filosofia avea tenuta scuola di eloquenza; de’ quali e di più altri filosofi si posson vedere più copiose notizie presso il Bruckero (t. 2, p. 95 , 501, 505, 537, 565, ec.). A me non pare opportuno il trattenermi lungamente intorno a tali filosofi, da’ quali non può l’Italia ricever gran lode, poichè non ebbe la sorte di esser lor madre. Molto meno prenderò io a parlare del celebre Peregrino cinico di cui Luciano ci racconta sì strane cose, poichè ei non fu in Roma se non per tempo assai breve; e oltre ciò la narrazion di Luciano, come ben dimostra il Bruckero (t. 2, p. 522), ha una cotal aria di favoloso e d’ironico, che ben si vede da lui essere almeno’ in gran parte finta a capriccio per farsi beffe de’ filosofi cinici, e molto più de’ cristiani. XXà I. Alcuni però di essi, che e lungamente vi vissero, e vi si renderono più illustri, son meritevoli di più distinta menzione. E vuolsi tra’ primi nominare il celebre Epitteto. Non vi fu uomo in apparenza più di lui infelice; nato di padri sì poveri, che convenne venderlo schiavo a un liberto di Nerone per mantenergli la vita; zoppo di una gamba, e sì privo d’ogni bene, che tutto il suo avere riducevasi a un letticciuolo, a una lucerna di creta e a