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358 LIBRO IX. Ma ornamento assai maggiore ricevette la professione de’ retori da Blando, di cui assai frequentemente ragiona Seneca nelle sue Controversie (controv. 1, 9, 13, 17, ec.). Era egli cavalier romano, e forse non è diverso da quel Rubellio Blando di cui parla Tacito (l. 3 Ann., c. 23, 51). Or questi non si sdegnò di prendere il nome e la professione di retore, e fu il primo, dice Seneca (proem. l.2, Controv.), tra’ cavalieri romani, che insegnasse rettorie a in Roma, mentre prima di lui ciò non e rasi fatto che da’ liberti,- sembrando cosa vergognosa l’insegnar ciò che riputavasi onesta cosa l’imparare. L’esempio di Blando fu poi seguito da altri, e singolarmente da due Foschi Arellii, padre e figlio Del padre ragiona spesso Seneca, ne riprende lo stile, come colto bensì, ma troppo fiorito, e perciò languido e ancor ineguale (ib.). Del figlio racconta Plinio il Vecchio (l. 33, c. 12) di averlo egli stesso veduto portare alle dita anelli d’argento, cosa allor non usata, e che avendo egli numerosissima scuola, si prese da ciò occasione di calunniarlo, c eli’ egli fu perciò ingiustamente cacciato dall’ordine equestre in cui era. X. Io non potrei uscir facilmente da questo argomento, se tutti volessi rammentare i retori di cui Seneca fa menzione. Ne’ proemj singolarmente de’ suoi libri di Controversie egli nomina molti di quelli eli’ egli avea conosciuti , ne forma i caratteri, ne descrive le virtù non meno che i vizj. Ivi dunque potrannosi, da chi il brami, aver copiose notizie attorno a’ retori di questo tempo, Io passerò in vece ad