Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/578

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TERZO 54l sono le seguenti ch’io porrò in caratteri grandi, segnando in caratteri piccioli quelle che son perite. IMP. CESAR T. ÆLIVS Adrianus Antoninus AVG. PIVS. COS. III. TRIB. POT. II. ACQVÆDVCTVM IN NO VIS Aihenis roeptum a Divo Hadriano Patre suo CONSVMMAVIT Dedicavitque Può egli nascere un menomo dubbio che l’iscrizione non sia appunto quella medesima che si suppone essere in Milano? Questa medesima iscrizione è stata più recentemente veduta dall’erudito viaggiatore inglese Riccardo Pococke, e l’ha riferita nella sua Raccolta d’iscrizioni da lui pubblicata in Londra l’anno 1752 (Inscr. antiquae, ec. p. 55). Anzi lo Spon aggiugne ch’egli avea veduto in Zara un antico codice manoscritto in cui quell’iscrizione medesima riportavasi intera, e dicevasi esistente in Atene. E veramente chi mai ha veduta in Milano una tal lapida? Egli è vero che Giovanni Choler in una lettera del primo di novembre 1533, premessa alla Raccolta dell’Apiani, dice che le iscrizioni che in questa son contenute, furono fedelmente copiate dall’originale. Ma ei non dice di averle vedute egli stesso, nè nomina altri da cui siano state esaminate. E chi v’ ha che non sappia quanto facilmente si commettano degli errori e non piccioli da coloro che raccogliendo da ogni parte iscrizioni notano frettolosamente il luogo ove esse conservansi? Aggiungasi che se questa iscrizione era in Milano verso il 1533, poteva dunque vedersi ancora dallo storico Tristano Calchi e da Andrea