Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/127

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66 LIBRO ep. 19). Con somiglianti encomj S. Ennodio ragiona (opusc. 6) ancora di Festo e di Simmaco, quel desso che fu poi ucciso poco dopo Boezio; di Probino, di Cetego, di Probo, di Costanzo, di Agapito, di Boezio che debb’essere il figlio del celebre filosofo, poichè di lui dice che benchè avesse solo l’età opportuna ad esser discepolo, avea già nondimeno dottrina bastante ad esser maestro. Questi eran tutti uomini per nascita e per dignità ragguardevoli, come osserva il P. Sirmondo (in not ad. l. cit.); e benchè vogliansi credere esagerati cotali elogi, essi nondimeno ci fan conoscere che l’eloquenza ne’ felici tempi di Teodorico era in gran pregio, e coltivavasi con fervore anche da’ più illustri e nobili personaggi. E veramente abbiam già osservato nel primo capo di questo libro, che il gran Cassiodoro usò di ogni sforzo, e si valse della grazia di cui godeva presso i re ostrogoti, per avvivare gli studj, e di quello singolarmente dell’eloquenza egli fa spesso nelle sue Lettere grandissimi encomj. Io rammenterò qui solamente quella in cui Atalarico conferisce a Felice la dignità di questore, e la seguente (l. 8 Var. ep. 18, 19) in cui ne ragguaglia il senato. Esse son piene di lodi dell’eloquenza, indirizzate a risvegliare negli animi di tutti un generoso ardore nel coltivarla; e vi si fa onorevol menzione del padre dello stesso Felice, di cui si afferma che nel foro di Milano era salito a sì grande onore, che si era renduto uguale a’ più celebri oratori di Roma. Il che io ho voluto qui accennare per confermare vie maggiormente ciò che di sopra si è detto, del