Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/238

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SECONDO I77 por quanto il permettevano i tempi, di tutte belle arti. A questa sì aperta testimonianza che risponde il Bruckero? Non altro che ciò che da pulito scrittore non dovrebbesi usar giammai. Ei chiama Giovanni Diacono scrittor menzognero e bugiardo: Joanni Diacono panegy rùtae domini sui fidem abrogamus, et nos splendido cum mendacio decepisse, audacter pronuntiamus App. p. 560). Io non chiederò qui al Bruckero come ei possa chiamare Giovanni Diacono panegirista del suo signore, cioè di S. Gregorio vissuto due secoli prima di Giovanni! ma ben chiederogli con qual fondamento ei dia a uno scrittore che si protesta di aver tratta ogni cosa da autorevoli documenti, una sì solenne mentita. Se io così avessi risposto all’autorità del suo Giovanni di Sarisbery, che ne direbbe egli? Ma il Bruckero pensa di aver fondamento bastevole a screditar per tal modo Giovanni Diacono; e un tal fondamento non è altro che il passo della lettera di S. Gregorio a S. Leandro da noi soprarecato, in cui ei si protesta di non volersi nell’interpretar la Scrittura soggettar troppo alle leggi gramaticali. Noi abbiamo già mostrato qual sia il vero e unico senso di tai parole. Or come da esso si pruova che S. Gregorio non volesse colti e dotti i suoi famigliari? Che ha che far questo collo stile da usarsi nella spiegazione della Sacra Scrittura? Se io dicessi, a cagion d’esempio, che Leon X fu uomo nulla curante delle lettere umane, e ne recassi in pruova alcune Bolle pubblicate nel tempo del suo pontificato, piene, secondo il costume, de’ barbari termini della curia e del foro, non Tiràboschi, Voi. III. 12