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a visitarne il sepolcro, e quindi passato a Poitiers, dopo alcuni anni fatto prete di quella chiesa, ne fu poscia ordinato vescovo. Ei fu assai caro alla reina S. Radegonda, e a Sigeberto re d’Austrasia, e a’ più celebri vescovi che allora fossero in Francia, e singolarmente a Gregorio di Tours. Credesi comunemente ch’egli morisse circa il principio del VII secolo. Paolo Diacono che ne vide il sepolcro, onorollo con un poetico epitafio ch’egli ha inserito nella sua Storia (ib.), ed è il seguente:
Ingenio clarus, senso celer, ore suavis,
Cujus dolce melos pagina multa canit,
Fortunatus apex vatum, venerabilis actu,
Ausonia natus hac tumulatur humo.
Cujus ab ore sacro Sanctorum gesta priorum
Discimus, haec monstrant carpere lucis iter.
Felix, quae tantis decoraris Gallia gemmis,
Lumine de quarum nox tibi tetra fugit!
Hos modicos feci plebejo carmine versus,
Ne tuus in populis, sancte, lateret honor,
Redde vicem misero, ne judice spernar ab aequo,
Eximiis meriti posce, beate, precor.
Gli undici libri di poesie, e altri quattro della
Vita di S. Martino, e alcune Vite de’ Santi scritte
in prosa, che son le opere a noi pervenute di
Venanzio Fortunato, o che trovansi inserite
ancora, parte, cioè le poesie, nella Biblioteca
de’ Padri, e parte, cioè le Vite de’ Santi, presso
i Bollandisti, il P. Mabillon, e altri raccoglitori de’ loro Atti, ci pruovano che questo elogio
vuolsi intendere con una giusta moderazione,
e che noi abbiamo a lodarne la pietà più che
l’eleganza. Io non mi tratterrò a parlarne con
più minutezza, poichè penso che nella Storia