Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/273

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Capo V.

Giurisprudenza.

I. Se la storia della giurisprudenza altro contener non dovesse che le notizie di quelli che nello studio di essa furono illustri, anche da questo capo noi potremmo spedirci in assai poche parole; poichè, a dir vero, non sappiamo di alcuno che in ciò s’acquistasse gran lode. Ma noi dobbiamo ancora osservare quali fosser le nuove leggi che a questo tempo s’introdussero in Italia, e in qual vigore esse vi si mantenessero; e intorno a ciò la storia di questi tempi ci somministra cambiamenti e vicende degne di essere esaminate. Questo stesso argomento però è già stato sì esattamente trattato da due dotti moderni scrittori, cioè dal sig. Muratori (Praef. ad. t. 1, part. 2, Script. Rer. ital., et Antiq. italic. vol. 2, diss. 22) e dal sig. Carlo Denina (Delle Rivoluz. d’Ital. t. 1, l. 7, c. 8), che poco ci rimane aa’aggiugnere alle erudite loro ricerche. II. Poichè l’Italia, distrutto il regno de’ Goti, ricadde in potere dell’imperador Giustiniano, questi, come nello studio precedente si è detto, comandò che il nuovo suo Codice vi fosse ricevuto; ee’egli era allora in istato di ottener facilmente ubbidienza. Quando dunque i Longobardi poser piede in Italia, la trovaron soggetta alla romana giurisprudenza. Essi ne conquistaron gran parte; ma non ne furon mai interamente padroni, poichè, come si è detto,