Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/579

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5l8 LIBRO medesima desinenza; ogni lingua dunque ha rime, e ogni nazione ha potuto usar delle rime. Anzi non solo ha potuto usarne} ma appena troverassi lingua in cui esse non veggansi di verso? Non furon certo gl’italiani; perchè versi armonici si ritrovano molto più antichi dei più antichi versi italiani. A me perciò non appartiene l’esaminare una quistione che punto non è connessa colla storia dell’italiana letteratura; nè io entrerò qui in campo fra due valorosi combattenti spagnuoli, l’ab. D. Giovanni Andres e l’ab. D. Stefano Arteaga. Il primo nel tomo primo della sua grand’opera Dell’origine", de’ progressi e dello stato attuale di ogni letteratura (p. 311, ec.) aVea attribuita agli Arabi la lode di avere nelle provincie meridionali dell’Europa introdotta la poesia armonica (benchè la poesia arabica sia in parte anche metrica), e di avere singolarmente col loro esempio eccitato ne’ Provenzali quell’amore della poesia che fu l’origine di tante lor rime. Il secondo nella prima edizione del primo tomo delle sue Rivoluzioni del teatro musicale italiano combattè modestamente l’opinione dell’ab. Andres (p. 145, ec.). Questi nel secondo tomo della sua opera, avendo dovuto ritornare sullo stesso argomento , rispose in quella maniera che deesi usare tra’ dotti in somiglianti contese, alle ragioni del suo avversario (p. 48). Ma l’abate Arteaga più non tenne misura, e nella nuova edizione veneta dello stesso primo suo tomo lusingossi di atterrare l’abate Andres con una lunghissima nota piena di sarcasmi e di amare ironie (p. 162, 183). Ma io ripeto che non è di quest’opera l’entrare alla disamina di questo punto, di cui ci tornei à in acconcio il trattare ad altra occasione che indicheremo tra poco. Molto meno debbo io frammischiarmi in un’altra calda contesa risvegliatasi pochi anni sono tra due scrittori francesi. M. le Grand autore della raccolta de’ Fabliaux et Contes du XII et du XIII siècle stampata in Parigi in quattro tomi l’anno 1779, ec. nella prefazione ad essa premessa affermò che queste Favole da lui pubblicate, e scritte nell’antica lingua