Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/670

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QUARTO Go(J continuarono gl’italiani a valersi, come meglio loro pareva, delle leggi romane, o delle longobarde. Oltre alcuni esempj particolari che il Muratori ne arreca (ib.), egli afferma che innumerabili sono le carte di contratti, o di testamenti , eli’ egli ha vedute fino alla fine del xii secolo, in cui si trova secondo l’usato costume espressa la profession della legge de’ contraenti colle consuete parole: Ego N. N. qui professus sum ex natione mea lege vivere Longobardorum, ec. Anzi egli altrove n’arreca un esempio anche dell’an 1212 (Antiq. Ital. t. 2, p. 279). A questi un altro ne aggiugnerò io dell’anno 1156, tratto da una carta inserita da Benvenuto di S. Giorgio nella sua Storia del Monferrato (Script. Rer. ital. t 23, p. 341), in cui il march. Guglielmo e Giulitta di lui moglie figliuola di Leopoldo marchese d’Austria dichiarano di seguire, quegli la legge salica, questa l’alemanna. Nos itaque praedicti jugales, qui professi sumus ex natione nostra lege vivere Salica, sed ego Julita ex natione mea lege vivere Alemannorum, ec. Anzi fino all’anno 1216 ha trovato l’erudito conte. Giulini qualche menzione delle leggi de’ Longobardi in Milano (Mem, di Mil. t 7, p. 321). Egli è adunque certissimo che fino al principio del XIII secolo goderono di tal libertà gl’italiani, e ch’essa non fu tolta loro giammai per alcun editto imperiale; ma a poco a poco le leggi romane cominciarono a prevalere, singolarmente da che sorsero i famosi interpreti di esse, de’ quali fra poco ragioneremo, e quindi le longobardiche e molto più le altre vennero alla fine Tiraboschi, Voi. III. 39