Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/163

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142 LIBRO altramente Hu-pi-lay, fu mio de^più possenti signori dell’Asia. Eletto imperador de’ Mogoli de’ Tartari e de’ Cinosi l’anno 1:260 (ib. t.17, p. 441); tentò ancora, ma con poco felice successo, di sottomettere il Giappone. Ebbe in pregio le scienze e i loro coltivatori: coraggioso in guerra , prudente nel governo del suo impero, splendido, magnifico, liberale, fu uno de’ più gran principi che regnassero in quelle provinciej e non è perciò a stupire clic egli onorasse tanto i nostri veneti viaggiatori, e che ambisse di farsi conoscere per mezzo loro a’ principi cristiani, ed anche al romano pontefice, benchè probabilmente ei non avesse pensiero alcuno di abbracciarne la religione, come si conosce ancor dal discorso che di ciò egli tenne con Marco Polo, e che da questo scrittore si riferisce (l. 2, c. 2). Veggiamo in fatti che, dopo la metà di questo secolo, si ebbe più volte speranza di ricondurre i Tartari alla Religion cristiana, e che perciò più volte vi furono inviati operai evangelici (Raynaldi Ann. eccl. ad an. 1260, 1288, 1291). Anzi abbiamo un Breve scritto a tal fine da Niccolò IV l’anno 1289 a Cobyla o Cobla gran Kan de’ Tartari (id. ad an. 1289), ch’è appunto Kublay di cui abbiamo ragionato. Pare ancora che il Polo, tornato in Italia, desse qualche nuova speranza al pontefice, ch’era allora Bonifacio VIII, di vedere la gran Tartaria ridotta alla Fede cristiana. Io l’argomento da un codice della Biblioteca Riccardiana (Cat. Bibl. riccard. p. 7), di cui dovrem di nuovo parlare altrove, e che contiene un compendio della nostra religione