Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/32

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PRIMO I i VI. Io debbo a questo luogo pregare chiunque legge questa mia Storia, che mi sia lecito il passar leggermente su i trent anni del regno di questo principe. Tempi alla Chiesa e all’Italia troppo funesti, in cui si videro gli angusti capi del sacerdozio e dell’impero gareggiar quasi continuamente l’un contro l’altro le città italiane altre sostener con impegno il partito di Federigo, altre resistere con incredibil fermezza a tutti gli sforzi imperiali, o perchè collegate co’romani pontefici, o perchè gelose dell antica lor libertà, di cui temevano che Federigo volesse spogliarle e tutta in somma l'Italia, e la Lombardia singolarmente, divenuta un orribil teatro di tumulti e di stragi. Onorio III, Gregorio IX e Innocenzo IV furono de’ più grandi pontefici che occupasser la cattedra di S. Pietro. Federigo II era di sì rare doti fornito, che avrebbe potuto render felice qualunque Stato in cui egli regnasse. Sotto tali pontefici e sotto un tale imperadore, perchè mai fu sì infelice la condizion dell’Italia? Volgiamo altrove lo sguardo da tante e sì luttuose calamità, e preghiamo il cielo che sì torbidi tempi non mai ci tornino. Solo, a dar qualche idea del carattere di Federigo II io riporterò qui ciò che saggiamente ne dice un chiarissimo scrittor moderno, dico il sig. Denina che così ne ragiona (Rivai. iTItal. t. 2, p. 119): Fra gl’ imperadori pagani sarebbe stato Federigo II sicuramente de’ più lodevoli, perciocché Vambizione e la licenza sua in fatto di femmine, e il poco pensier che si prese della religione, non gli sarebbero state imputate a gran difetto: