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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/447

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4^6 riuno Jacopo Malvezzi, che scrivea al principio del XV secolo. Egli, dopo aver raccontato che il palagio della Ragione fu innalzato in Brescia l’anno 1223, descrive il florido stato in cui era allora quella città, con queste parole da me recate nel volgar nostro italiano. Innalzarono dunque allora i cittadini questo palagio, e una torre vi aggiunsero di assai pregevol lavoro, ed ivi poser la sede dei consoli e de’ giudici, acciocchè nel luogo medesimo si rendesse la ragione a tutto il popol bresciano; perciocchè in addietro, come altrove abbiamo scritto, ogni quartiere avea il suo giudice che anche nella sua propria contrada tenea tribunale. Ma io dirò cosa forse maravigliosa, di cui i nostri vecchi ci han fatta testimonianza. Era allora sì popolosa questa città, che mentre nelle ore determinate si andava a palazzo, quel sì grande atrio sembrava angusto alla gran folla, e il luogo non abbastanza capace, Avreste ivi veduti, oltre la popolar moltitudine, non pochi valorosi e chiarissimi cittadini e schiere di cavalieri , al rimirar de’ quali montati su ben bardati cavalli, e accompagnati da’ loro scudieri, avresti creduto di vedere un immagine della grandezza romana. Il venerando collegio de’ giureconsulti pareva un liceo ateniese. In mezzo a tanti ragguardevoli cittadini e a popolo sì numeroso, otto consoli e due altri consoli maggiori, rettori della Repubblica, sopra alti tribunali si stavano assisi, oltre gli altri magistrati che in diverse maniere attendevano a’ doveri o della patria, o della giustizia. In ogni parte era pieno il palazzo. Che più? Pareva in somma