Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/455

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434 unno collezioni delle quali abbiam ragionato, erano opera di diversi autori, e ciascheduno avea seguito quel metodo e quelle leggi che eragli sembrato più opportuno. Niuna di esse poteva bastare a’ bisogni del foro} e tutte insieme non faceano che una confusa serie di canoni e di decretali, e tra esse ancora, come dice Gregorio IX nel proemio della sua Collezione, alcune erano l’une all’altre contrarie, altre oscure, altre prolisse oltre il bisogno. Ei volle adunque farne un sol corpo, ma ben ordinato e disposto} acciocchè esso potesse in avvenire essere considerato come il Codice del Diritto canonico. A tal fine egli scelse uno de’ più dotti uomini che allora fossero, cioè S. Raimondo da Pennafort dell’Ordine de’ Predicatori. Noi non possiamo vantarci che fosse nostro} perciocchè egli era natìo o della città, o, come altri pensano, della diocesi di Barcellona. Ma ben possiamo vantarci che tra noi, cioè nell"università di Bologna, ei si fornisse di quel sapere che a condurre a fine un’opera sì importante era richiesto. In qual anno ei vi venisse, non è abbastanza certo. Ciò che è certo, si è ch’egli eravi innanzi all’agosto del 1211, come si pruova da’ documenti aggiunti alla Vita di questo santo premessa all’edizione della sua Somma fattane in "Verona l’anno 1744 (c• 11 p 29> n- 4)- Eaimondo, dopo avervi appreso il diritto canonico, ottenuta la laurea, ne fu professore: Hic fu.it, dice il B. Uberto che gli fu coetaneo, excellens doctor in jure Canonico, in quo rexit Bononiae (V. Script. Ord. Praed. t. 1 , p. 106). L’anno 1219 fu da Berengario vescovo di